Vittorio De Scalzi è l’unico artista veramente in grado di dare voce e musica all’ineffabile mondo poetico di Riccardo Mannerini. “Ineffabile”. Fa specie usare questo aggettivo, per la poesia. Ineffabile. Impossibile da raccontare. Eppure la parola – in poesia – è tutto. Quando poi si scende (o si sale) per colorare con i suoni i versi, il rischio di una banale implosione per corto circuito è dietro all’angolo. Se il musicista decide di avvicinarsi al poeta, deve – come minimo – sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda, cogliere quell’orizzonte che non sempre lo spartito ti consente.
Ma Vittorio De Scalzi è una vita che gira per i caruggi di Mannerini. Ci si infilò la prima volta nel 1968 con i New Trolls, complici De André e Gian Piero Reverberi, per Senza orario senza bandiera. Un contatto artistico mai cessato e, al tempo stesso, una consonanza tra i metri manneriniani e la facilità compositiva sull’arco melodico di De Scalzi.
Finalmente, ora, ci siamo. Dopo la brillante uscita zeneise del 2009 (
Mandilli), De Scalzi, in collaborazione con il cantautore
Marco Ongaro, ha pubblicato
Gli occhi del mondo (produzione
Aereostella).
Selezionando dal canzoniere di Mannerini, De Scalzi ci presenta una galleria di personaggi che vivono di sentimenti- spesso estremi - in un’atmosfera di magica quotidianità: la gelosia di
Gionata Orsielli, la solitudine di
Isabella Eggleston, l’educazione distratta di un
Serial Killer colto nell’atto di uscire da un forno con “in mano il sacchetto del pane”, l’amore “stordito” di
Martina di marzo “incerta sui tacchi fra incerti lampioni”. Scorrono veloci gli incubi di un crudele desiderio prenatale (
Il ritorno) e agili trasfigurazioni evangeliche (
12 pescatori), in fondo ad una geografia esistenziale tutta da riscrivere (
Senza una voce), tracciando rotte attraversi temi sensibili quali il suicidio (
Tante gocce), la giustizia (
La corte), gli affetti più intimi (
L’ultimo altare) e il senso della vita (
Gli occhi del mondo).
Il tessuto musicale procede di pari passo con lo spirito delle liriche. È il De Scalzi compositore fine e maturo delle melodie di
The Seven Seasons e di
Mandilli, ma che non esita a personalizzare su diversificati stili di ballad: blueseggiante (
Il ritorno), country-western (
Gionata Orsielli,
Serial Killer), mediterranea (
Senza una voce), beatlesiana (
Isabella Eggleston… con un mellotron alla
Strawberry Fields Forever), italiana doc (
Tante gocce), easy-listening (
Sera sul mare), soul (
Martina di marzo). Alcune canzoni (
L’ultimo altare e
Gli occhi del mondo) si conferma un ulteriore naturale allineamento con il De André di
Anime salve e il Fossati anni Novanta. Un pizzico di Chicago con lo spirito saltellante di Le Roi Soleil, sostanzia il profilo melodico-ritmico de
La corte, in mezzo al divertito e divertente gioco declamazioni forensi (voce dell’attore
Corrado Tedeschi) e di staccati. Il rock, invece, a gamba tesa con una teoria di riff, stacchi e accordi pieni, spezzando la tenue atmosfera di
12 pescatori.
De Scalzi canta, suona pianoforte, piano elettrico, chitarre (classica e acustica), sintetizzatori e mellotron ed è accompagnato dal fedele
Andrea Maddalone alla chitarra elettrica (molto bensoniano…), dal bassista
Massimo Trigona (noto sessionman genovese che qualcuno di voi avrà visto
sul palco de La Claque con
Il Picchio Dal Pozzo) e dal batterista jazz
Enzo Zirilli (ha suonanto con Moroni, Tavolazzi, Pieranunzi, Rolff). Tra i musicisti ospiti: Franz Di Cioccio della PFM (batteria nella seconda versione de Il ritorno), la White Light Orchestra (il trio d’archi degli Gnu
Cabrera,
Izzo e
Rebaudengo), il chitarrista
Paolo Bonfanti, il fisarmonicista rumeno
Nani Tudor, il fiatista
Edmondo Romano e il mandolinista Martino Coppo.
Un po’ come i protagonisti di
Sera sul mare, Mannerini, De Scalzi e Ongaro diventano “ricettatori di stelle” che “aprono i loro armadi fra le nubi”, mentre “il nostro cuore tenta a buon mercato di comprarsi un sogno”. Un CD, come questo, può bastare. Quando si dice una medicina per l’anima.
© Riccardo Storti
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