Franco Leprino 1977-1987 - di Riccardo Storti

27 dicembre 2010

La Giallo Records ha pubblicato nel 2009 il CD Franco Leprino 1977-1987 contenente Integrati…disintegrati… (album del 1977) più una folta raccolta di inediti composti e registrati dal musicista milanese nell’arco di un decennio.

L’LP del 1977 è considerato dalla critica come uno dei tanti apripista di una via elettronica al progressive italiano, tanto da essere citato in svariati repertori nazionali e non. Vero, ma in parte, visto che Leprino, a differenza di alcuni contemporanei più attenti alle suggestioni dei corrieri tedeschi (citiamo Baffo Banfi e Automat), si serve anche di uno spettro elettroacustico in cui la chitarra classica sembra detenere la centralità armonica, pur fluttuando tra basi di synth e organi. Ovviamente si sente il peso della formazione classica di Leprino soprattutto nella scrittura di quelle parti che prevedono l’intervento di un pianoforte o di un flauto o di un oboe. Nell’insieme scaturisce anche una passione per le strutture “ripetitive” care a Terry Riley che, comunque, avvicinano questa opera prima di Leprino agli esperimenti più calcolati del Battiato di Clic e Sulle corde di Aries (non a caso siculo come il nostro).
Singolari ed eclettici i mondi sonori che si sprigionano dagli inediti, molti dei quali suonano come dichiarati omaggi a personalità artistiche del Novecento. A Stravinskij dedicata la cameristica Fiatazioni: il fagotto della Sacre continua a dimostrare una forza attrattiva timbrica per i giochi timbrici di flauto e oboe in una miniatura nipotina della versatilità dell’Histoire du soldat. La voce – invece – è al centro della epigrafe musicale a György Ligeti: due contralto e un basso dimenticati in qualche angolo di Lux Aeterna. John Zen è il trbuto al Cage del Bacchanale mentre una celesta generata da un sintetizzatore produce Esa, traccia interamente costruita su scale esatonali come Debussy comanda. Un raptus atonale e meccanico al disklavier irrompe nell’atto di riverenza a Nancarrow, così come un Giappone ipnotico esce fuori da Informale 2 per Hokusai.
Ma Leprino ama anche il cinema, così ci consegna i “ricordini” di un Buster Keaton atonale ed elettronico (Informale) e di un Stanley Kubrick seminato tra suoni MIDI (l’apocalittica A Sunny Day in coda al Dottor Stranamore).
Pur fuori dalle dediche, il resto tocca altri giganti del secolo scorso, criptati nelle strutture dei brani: lo Steve Reich maniaco dei metallofoni di ogni sorta potrebbe avere ispirato le leprinianne Parlottazioni; qualche lampo di notturno danubiano alla Bartók sfreccia sui 7/4 di luna; lo Stockhausen perso tra nastri e sonorità concrete fa capolino nelle Meditazioni. E Leprino trasforma lo studio in mestiere, servendosi al meglio degli strumenti strategici regalati dalla prassi di una musica (ormai? Ancora?) postmoderna.
E l’interrogativo sorge spontaneo: che ne è del musicista – oggi – nel 2010? [R.S.]

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