L’emozione della prima volta: il mio concerto dei Jethro Tull a Genova - di Cinzia Bruzzone

2 giugno 2010

Mi ritrovo ancora a sorridere se penso a come tutto è cominciato: primo anno di università, una festa di compleanno, un regalo inatteso da un compagno di laboratorio. E’ Thick as a Brick, versione CD della celebre suite dei Jethro Tull, datata 1972. Mi chiedo ancora oggi come questa splendida musica abbia potuto rimanere così a lungo assente nella mia discoteca.

Il caso ha voluto che, quasi dieci anni più tardi, mi sia trovata a scrivere per la prima volta un articolo per ContrAPPUNTI, relativo al Lincoln Quartet, ottima cover band del gruppo inglese, meravigliandomi in primis per l’eccezionale bravura del fiatista Lelli. Ora, se mi aveste detto che, a trent’anni suonati, sarei stata testimone di un concerto dei veri Jethro Tull, e per di più a Genova, forse non vi avrei creduto!
A dispetto di chi contesta le odierne prestazioni vocali di Ian Anderson, posso ricordare con chiarezza l’emozione indicibile provata nel preciso momento in cui ho udito il suo canto… quella voce profonda, così chiara e distinta grazie all’acustica piuttosto buona, quel timbro così particolare, che mi ha riportato a velocità luce al primo ascolto di quel disco, tanti anni addietro! E la sorpresa è stata tale che sin da subito ho capito che non avrei potuto fare una cronaca oggettiva del concerto, troppo coinvolta per essere imparziale.
Nella mia forzata soggettività, ho colto due sole note negative. Insomma, un piccolo estratto della “mia” suite ho sperato non mancasse… Non ho molto apprezzato, poi, la pausa di venti minuti a metà concerto; sebbene sia dovuta probabilmente a una necessità di recupero vocale (il nostro buon Ian ha la bellezza di 62 anni!), ha l’effetto di raffreddare il pubblico, caldissimo sin dall’inizio (persino gli entusiasmi di alcune ragazze in delirio qualche fila dietro si sono un po’ spenti dopo l’interruzione). Ma a riaccendere gli animi ci ha comunque pensato Anderson, da istrionico narratore e musicista qual è, e le sue pose, sebbene difettino un po’ della grazia di un tempo, avvicinano e fanno sorridere chi lo ascolta dominare il flauto con uno stile che ha fatto la storia e avvince per le alternanze imprevedibili di suoni ruvidi e morbidi.
La musica scorre, fluisce via in un torrente di emozioni unico, sulle ali di una Bouree sublime e penetrante o di una Locomotive Breath che ipnotizza per l’intensità dell’esecuzione.
Alla fine, proprio sotto il palco, incontro Martin Grice dei Delirium, come me visibilmente impressionato, che mi dice: “Hai sentito che roba? Hai visto che entusiasmo? E la musica…”. Gli brillano gli occhi! E’ proprio vera l’affermazione del saggio Swami Kriyananda: “Non si può ascoltare musica con sensibilità senza divenire subito consapevoli che essa comunica più dei suoni, che è un veicolo per stati d'animo, per stati di coscienza. Il suono ha potere. E' vibrazione". [C.B.]

2 commenti:

Leo ha detto...

Anche per me era la prima volta ma purtroppo sono rimasto abbastanza deluso: bello finchè la voce c'è stata per un pò, poi sinceramente un certo imbarazzo; immaginavo che il timbro non sarebbe stato proprio come ai vecchi tempi, però così non me l'aspettavo e d'altra parte se uno non conosce la situazione non lo informano di certo ma nello stesso tempo non desisterebbe per questo. Tuttavia un vero peccato; e poi neanche un piccolo estratto di Thick As A Brick! Per me i JT sono quell'LP, che ascoltai appena uscì e che mi piaque più dell'allora declamato Aqualung. Ho provato a riascoltare l'audio del concerto ma non ce la faccio; per ripristinare le giuste sensazioni ho riascoltato i dischi...

Unknown ha detto...

Cinzia, io Thick as a brick l'ho comprato quand'è uscito....e poi gli altri e gli altri ancora..
sono felice che Ian e i suoi ragazzi siano ancora vivi e che io dopo il povero Frank zappa, sia riuscito a vederli dal vivo.
Una grande emozione e un sano , autentico senso di tenerezza per un amico che mi ha accompagnato per una vita..
Ciao , Marco

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