MASSIMO COLOMBO & FELICE CLEMENTE Doppia traccia - di Riccardo Storti

30 agosto 2011

È sempre un estremo piacere avere la fortuna di accedere – di tanto in tanto – nel giardino sonoro del pianista jazz Massimo Colombo. In questa sua recente Doppia traccia (Crocevia di Suoni Records, 2010), Colombo si avvale della compagnia di Felice Clemente al sassofono soprano . Il duo firma per intero il CD, benché il fiatista compaia per 4/5 delle composizioni presentate. Le “due tracce” a cui si fa riferimento, riguardano due mondi musicali, apparentemente lontani tra loro: il jazz e la musica classica. Come lo stesso Colombo mette in evidenza nelle note di copertina, il milieu proposto contiene brani jazz per pianisti classici curiosi oppure pezzi dalla severità classica da alleggerire con una buona dose di swing. Dipende quale punto d’ascolto si decida di selezionare.

In realtà, Colombo mi suggerisce ad un approccio molto più libero, ma non per questo “incosciente”. Mi spiego meglio: partiamo subito dai 9 Notturni che subito si diffondono dalle casse del nostro stereo, appena inseriamo il CD nel lettore. Colombo ci avverte che la fonte di ispirazione è Chopin. Ma – per favore – non vestiamo i panni pedanti del filologo per forza; semmai fiutiamo il mood che tra gli arpeggi del pianoforte e le sinuosità sensuali del sax si dipana nota dopo nota. E ci accorgiamo, quasi per magia, che questo apocrifo Chopin punta a Bill Evans, sembrando un impressionista offshore oltre Debussy. Però, sotto sotto, da appassionato del prog italiano anni Settanta, percepisco le tenui atmosfere di un altro duo, quello di Franco D’Andrea e Claudio Fasoli nei Perigeo.
In Duo fantasia è, invece, interessante notare come i vari assi portanti si intersichino in un quadro di notevole complessità. Il tempo è jazz (si parte con un contagioso 5/4) così come gli spread improvvisativi del sax, ma la tenuta orchestrale del pianoforte non si schioda dalla solida architrave contrappuntistica, quella che garantisce una meccanicità per nulla fredda, semmai naturalmente rigorosa con balzi extratonali dalle simpatie novecentesche.
L’insaziabile tono e La linea di spago tentano quasi un recuoero della forma sonata in ambito jazz: esposizione, sviluppo e ripresa ma attraverso il quid di un’estemporaneità calcolata. Lo scambio di frasi tra i due attori, rasenta una sorta di concertismo da toccata, al di fuori del tempo e del genere. Se in L’insaziabile tono risulta più evidente il gioco della libera dissonanza, in La linea di spago prevale la ricerca di una probabile melodia composto, scomposta e ricomposta secondo un continuo scavalcamento di frontiere musicali.
Per il piano solo, Colombo si ritaglia un mazzo di deliziose miniature dal titolo evocativo, Immagini. Velocissimi ritratti di sensazioni che spaziano dal blues (Microbico blues, Sardonico, Quante quinte) alla musica popolare (il Sud America carioca di Brasiliando, gli iberismi di Madrid, un Ex etnico che sa tanto di bartokiano microcosmo magiaro) attraverso ipotetici omaggi (Il sorriso di Ada dalla seducente trama contrappuntistica; Pat and Lyle riferita a Metheny e Mays, To McCoy, il barocco da colonna sonora minimalista di Corale pop), quadretti con soggetto (Il gatto nel piano, La fuga del pinguino assai brubeckiana, la quasi romantica Il destino dell’oca) e varietà temporali (Semplice tre, le scale veloci di Spedito e condito).
© Riccardo Storti

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